Kobe, è già un anno
Un anno esatto. Un vuoto immenso. La morte di Kobe Bryant è uno di quegli eventi che segneranno per sempre questo periodo delle nostre vite.
In questo che, forse, sarà l’Anno Olimpico, visto lo spostamento di Tokyo 2020 per Covid, vogliamo ricordare Kobe proprio con due aneddoti legati alle Olimpiadi.
Le due partecipazioni e le due vittorie alle Olimpiadi di Pechino 2008 e Londra 2012 sono stati momenti epici. Perché oltre alla presenza in campo, Kobe è stato uno straordinario ambasciatore dello spirito olimpico: si è reso disponibile con tutti gli atleti per foto ricordo, è stato fotografato spesso sulle tribune di altri sport per vedere suoi amici o suoi beniamini, è stata una presenza.
Kobe a Londra 2012
Alle Olimpiadi di Londra 2012 è legato il primo aneddoto.
Il primo giorno di preparazione, Kobe chiede il numero di telefono al preparatore fisico. Lo chiama dopo l’allenamento per chiedergli di fare lavoro individuale.
Alle 04:45 del mattino i due si trovano in palestra. Lavorano insieme per circa 2 ore, poi il preparatore torna a letto mentre Kobe continua con gli esercizi.
Alle 11.00 ci sarebbe stato allenamento di squadra: quando il preparatore arriva, LeBron, Durant e Melo stavano chiacchierando, ma nell’altra metà campo c’era Kobe sudato che tirava da solo.
Il preparatore si avvicina per dirgli che avevano fatto un bel lavoro insieme qualche ora prima. Kobe annuisce. Il preparatore gli chiede a che ora ha finito con gli esercizi. Kobe fa l’ultimo tiro, si gira, lo guarda dritto negli occhi e gli risponde “Proprio adesso“.
Kobe ancora a Londra 2012
Il secondo aneddoto sempre sulle Olimpiadi Londra 2012 lo racconta Dwane Wade, suo acerrimo rivale in campo, amico fuori e compagno in quella spedizione londinese: “Prima delle Olimpiadi abbiamo viaggiato tanto, arriviamo in un posto che non ricordo ed andiamo in palestra, era molto molto tardi. Io, LeBron, Melo e Kobe una volta finito il nostro lavoro ci siamo accordati per trovarci il mattino presto per la colazione, con solamente 3 ore di sonno davanti a noi. Arrivati per la colazione, Kobe ha delle borse del ghiaccio sulle ginocchia, perché dopo l’allenamento fatto insieme, ne ha svolto un altro singolo e che dopo colazione si sarebbe ri-allenato con noi. In quel momento non riuscivo a crederci: avevamo finito di allenarci 3 ore prima, e Kobe aveva già svolto un altro workout ed era pronto per un successivo. In quel momento ho realizzato che dovevo migliorarmi ancora di più“.
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